Brucia, Palermo, brucia. Cucchi e Laboratorio Saccardi spiegati dai Saccardi

Enzo Cucchi e il Laboratorio Saccardi. L’artista meno prevedibile, ammaestrabile ed etichettabile della storia italiana del secondo Novecento (quello di cui Goffredo Parise, bravissimo nel fornire definizioni acute e tranchantsui suoi amici artisti, disse che “ha la faccia da matto e la testa da vitello, e la sua pittura può ricordare quella dei pazzi di Verona”), in un folle sodalizio artistico con il gruppo più irreverente, baldanzoso, provocatorio e tagliente della scena artistica di casa nostra. Che cosa ne viene fuori? Difficile dirlo. Una mostra sregolata e fuori dagli schemi, un cortocircuito narrativo e visivo difficilmente classificabile. Soprattutto, che non si deve guardare o giudicare col consueto metro con cui si guardano e giudicano le “normali” mostre d’arte, e men che meno con l’attitudine da critichino-in-cattedra, con la matitina alzata pronta a indicare ciò che “funziona” e ciò che “non funziona” : vorrebbe dire aver capito assai poco non solo del senso di questo singolare sodalizio, ma anche della stessa natura degli stessi artisti coinvolti in questa operazione tutt’altro che convenzionale.

Per questo, noi diIf Magazine, abbiamo deciso che l’unica recensione possibile per una mostra così fuori da ogni regola e classificazione fosse una recensione che avesse lo stesso stesso stile graffiante, irregolare, balordo e sfacciato della mostra siciliana. Per la precisione, un’autorecensione, anzi, “la prima auto recensione dichiaratamente pilotata al mondo”. Raccontata e spiegata dagli stessi Saccardi.

A.R.

Bombe a mano su Palermo! (un’AutoRecensione pilotata)

di Vincenzo Profeta (Laboratorio Saccardi)

Ciao siete di fronte alla prima auto recensione dichiaratamente pilotata al mondo. Potrei semplicemente stroncare questa mostra, ma non posso perché è la mia, allora oltre che incensarla vi spiego un po’ di cose. Questa mostra è una mossa politico-artistica che i Saccardi  hanno scelto di fare con Enzo Cucchi, per risvegliare Palermo e l’arte italiana tutta, che da sempre perde il meglio per promuovere il peggio, che poi scompare nel nulla non essendo davvero il meglio. Ma partiamo dallo stato comatoso in cui si trova la mia città, Palermo, analizzando il pantano contemporaneo di una città che ebbe lustri migliori (chi scorda più quel finire di anni Novanta freschi e selvaggi, quasi futuristeggianti), e questa Palermo che invece oggi è piombata in una sorta di neo-Ottocentismo manierista e postmoderno con artisti che si misurano il pennello come a scuola, fuori tempo massimo per tutto insomma, anche per il postmoderno stesso che inaspettatamente rinnega  Palermo e i suoi figli, i suoi artisti e i suoi abitanti, condannandoli a un oblio provinciale ed eterno che equivale a una sovraesposizione di prodotti e manufatti artigianali che nessuno si caca più neanche di striscio!

Così lo scenario che si prefigura ai Saccardi è una sorta di Milano fuori tempo massimo, ci sono i critici venduti, ci sono le gallerie corrotte, a Natale si fanno le geppie e le messe cantate, e va di moda il neofigurativismo sia in scultura che in pittura, ma gli anni Novanta sono finiti da tempo e quando non si  sa che fare, si azzarda una roba astratto-concettuale, mai un po’ di coerenza poetica, né un ombra di ricerca anche figurativa.

Così il nostro lavoro alla GAM di Palermo ha una valenza siderale, va oltre il tempo massimo, i Saccardi si autocitano e si autocriticano e si manierizzano comicamente, tenendo ben a distanza l’ironia cinica, in compagnia di Enzo Cucchi, e poi si mischiano, fanno quello che nessuno tranne Enzo Cucchi ha il coraggio di fare, “incrociano i flussi” (“Mai incrociare i flussi!” “Perché?”, “Sarebbe male”: lo diceva il genialoide Egon in Ghostbusters, film di Ivan Reitman del 1984); Enzo Cucchi e Laboratorio Saccardi lo fanno magistralmente, incrociano i flussi, e viene fuori un mosaico, riesumando una tecnica quasi scomparsa affine all’arte pubblica, il mosaico si chiama “Cagliari” e rappresenta Palermo esattamente come l’intera mostra, brilla vivo sul pavimento, incastonato tra una stanza e un’altra della GAM, primo esempio di incrocio e miscuglio di più mani e stili tra artisti di diverse generazioni, abbattendo catalogazioni ed etichette della storia dell’arte, artisti italiani di generazioni diverse che finalmente collaborano a un’opera collettiva, antidentitaria, un’opera sperimentale che incanta il pubblico e schiaffeggia gli “addetti alla cultura”: poi è un diluvio di tecniche diverse, come lo era la Transavanguardia, di cui la mostra è un velato omaggio, la chicca sacra di due statuette del maestro che ricordano vagamente religioni orientali, e una statuetta della Madonna in monete di euro fuse, poste in altro su due impopolarissime nicchie, come impopolari devono essere i religiosi, sono un invito alla preghiera per la città scomparsa e consegnata definitivamente agli zombie: dell’arte, della politica, della civiltà.

Nell’ultima sala, i Saccardi allestiscono una strana chiesa, tra il neopagano e il cattolico ortodosso, con le opere a dialogare con gli archi, e la preghiera lascia così il posto all’armonia classica e laica del planetario che Enzo Cucchi realizza con misure auree, la mostra dialoga quindi con l’equilibrio e gioca con il disequilibrio, un sistema a incastri dove lo stile e il manierismo sono l’agnello sacrificale alla didattica della Transavanguardia, difficile da comprendere nella sua ineleganza asimmetrica questa mostra, il titolo “Cagliari” svia appositamente gli addetti ai lavori, ma detta e suggerisce una nuova via atemporale ed antigeografica all’arte italiana, la distruzione di una cosmologia, una mostra che indica un infinito che unisce punti differenti nella storia dell’arte – ammesso poi che di storia dell’arte abbia senso parlare.

Cagliari | Enzo Cucchi e Laboratorio Saccardi

dal 15 novembre 2014 al 15 febbraio 2015

Palermo, Galleria d’Arte Moderna

Via Sant’Anna 21, Palermo

Progetto mostra Ars Mediterranea

Catalogo Afa/Glifo Edizioni, con testi di Aldo Nove e Marco Deserto