Turismo schock. Lo street artist Monk mette in scena il lato oscuro della villeggiatura

Visitate Rio de Janeiro. La capitale del crimine, dove anche i bambini girano armati. Visitate Bangkok. La capitale del turismo (sessuale): dove anche le ragazzine si prostituiscono. Visitate le isole Faroe, in mezzo all’Oceano Atlantico. Dove balene e delfini sono massacrati senza pietà. Visitate il Borneo: simbolo mondiale della deforestazione. E ancora: visitate Lesbo, in Grecia. Dove i migranti arrivano, e annegano, a grappoli.

Franz Kraus, Visit Palestine, 1936

Sono solo alcuni dei “manifesti turistici rivisitati” che lo street artist (e artista tout court) Monk HF ha realizzato come parodia del turismo di massa odierno: dove i turisti girano, visitano il mondo, consumano, fotografano e si fanno selfie, per poi ripartire verso i loro tranquilli e opulenti paesi, senza curarsi del fatto che in quegli stessi luoghi, che per qualche giorno hanno allegramente e spensieratamente visitato, si consumano in realtà quotidianamente ogni sorta di crimini, di drammi, di tragedie private e collettive.

Spunto per la nuova “campagna turistica” dello street artist è un celebre manifesto, datato 1936, intitolato “Visit Palestine”, realizzato dal graphic designerFranz Kraus, fuggito dalla Germania ormai già in mano a Hitler nell’ancora di là da nascere stato di Israele, e mirato all’incremento del turismo – soprattutto ebraico – nella Palestina a quel tempo ancora sotto il protettorato britannico. Da quel celebre poster, Monk HF ha realizzato la sua (paradossale) “campagna pubblicitaria” mettendo in scena, con uno stile grafico raffinato e sintetico, che richiama appunto il tratto distintivo del designer tedesco, le “specialità” delle più celebri mete turistiche internazionali, con molta ironia e anche un bel po’ di humor nero. “Ho trovato un fantastico manifesto sulla Palestina di Franz Kraus”, ha detto l’artista, “e mi sono detto: perché non farne altri, con lo stesso stile, ma con risvolti attuali e realistici, come l’inquinamento, la migrazione, la guerra, etc.?”.

Ecco allora che a fare da “comparse” nella città di Bangkok vi sono decine di giovanissime prostitute pronte a darsi al primo turista di passaggio; ecco lo scimmione del Borneo che si trascina stancamente in mezzo a una foresta ormai completamente distrutta; ecco le balene “spiaggiate” in un mare colore del sangue nelle isole Faroe; ecco i migranti arrivare sfiancati e disperati sulle coste greche, sotto lo sguardo indifferente di una bagnante che si gode tranquillamente il panorama sotto al suo ombrellone; ecco i ragazzini che giocano a palla tra i rifiuti sulle spiagge di Rio, mentre un loro coetaneo scruta, nell’ombra, l’orizzonte con una pistola in mano.

“Avendo lavorato in pubblicità”, ha dichiarato ancora l’artista in una recente intervistaal Daily Mail, “so che la pubblicità distorce la verità e che la realtà è fortemente manipolata. Io ho voluto metterne in scena il lato oscuro”.

Un lato oscuro che spesso confina anche con lo stereotipo e il luogo comune. ‘Ma per me”, sottolinea Monk, “i luoghi comuni hanno sempre una base di verità. Noi in francese diciamo: Il n’y a que la vérité qui blesse, solo la verità può far male”.

Alessandro Riva