di Alessandro Riva
Shepard Fairey entra a gamba tesa a sostegno di Neil Young nella battaglia iniziata dal cantautore canadese contro la Monsanto, il gruppo chimico leader nello sviluppo di sementi geneticamente modificati e pesticidi. Con l’edizione speciale di un’opera (che verrà messa in vendita sul suo sitoa partire dal 28 luglio), che denuncia, senza mezzi termini, la frutta geneticamente modificata di essere pericolosa come una bomba a mano. Ma andiamo con ordine. Che cos’è la Monsanto, e perché Neil Young ce l’ha tanto con questa immensa e potentissima multinazionale? A tutt’oggi, Monsanto è il principale produttore mondiale di Ogm e si può dire a buon diritto che sia una delle aziende più controverse della storia industriale. Dalla sua fondazione, nel 1901, sono stati innumerevoli i processi e le accuse rivolte all’azienda, a causa della tossicità dei suoi prodotti, ma non solo. Tra le accuse lanciate in oltre quarant’anni contro il colosso chimico, spesso sfociate in controversie e battaglie legali senza quartiere, ci sono infatti danni ambientali, l’inquinamento del suolo e dei corsi d’acqua, la creazione di prodotti cancerogeni, l’utilizzo di lavoratori in nero con contratti al limite della schiavitù, la sistematica opera di lobbismo e di pressione (a suon di milioni di dollari) nei confronti di giornali e media contrari agli Ogm, oltre all’utilizzo di campagne stampa chiaramente classificate come “menzognere” per sostenere la non nocività dei suoi prodotti.
In questo quadro tutt’altro che idilliaco, ecco che, nella primavera del 2015, Neil Young ha lanciato la sua “bomba”: il suo prossimo disco, dichiara in aprile dalla pagina del suo profilo Facebook, si intitolerà The Monsanto Yearse denuncerà i pesticidi della Monsanto che “avvelenano i nostri cibi, uccidono le api e tutte le altre forme di vita fondamentali per l’ecosistema”, sottolineando la “stretta relazione tra pesticidi, autismo, cancro e molte altre patologie”. “The Monsanto Yearssono qui e noi li stiamo vivendo”, scrive il cantautore canadese dalla sua bacheca. “Monsanto è l’emblema assoluto di ciò che di sbagliato c’è nel governo mondiale delle multinazionali”.
Il disco, aggiunge, parlerà di “numerosi temi caldi di cui milioni di persone in tutto il mondo si preoccupano e per i quali sono attivi”, come “la ricerca di un’agricoltura sostenibile”, indicata da Neil Young come una delle soluzioni per non uccidere il pianeta, che si basa su elementi come la “protezione dei semi tradizionali, il trasporto verde, l’uso del potere eolico e solare, la riduzione delle emissioni di Co2, i mercati contadini”, che potrebbe sostituire invece “l’agricoltura basata su sostanze chimiche o Ogm usate dalle multinazionali con conseguente spreco e contaminazione di miliardi di litri di acqua preziosa per il pianeta”. Quello di Neil Young non è un ingenuo sogno a occhi aperti: la sua è una campagna politica, forte e chiara, diretta anche contro i governi che “sovvenzionano le corporazioni petrolifere e chimiche”, trascurando “le leggi per i diritti civili e per i salari dignitosi”, oltre che contro le majordell’informazione americana e globale, come “Fox News e molti altri giornali nazionali”, che volutamente “negano e ignorano notizie riguardanti queste tematiche”.
Coerentemente con quanto dichiarato, ecco che il nuovo cd di Neil Young, uscito in giugno, contiene molti brani dichiaratamente anti-Ogm: a essere presa di mira non è solo la Monsanto, ma anche Starbucks, diventata membro della Grocery Manufacturers Association, che negli Usa si è fortemente opposta all’introduzione dell’etichettatura per il riconoscimento dei prodotti Ogm. La prima strofa di “A Rock Star Bucks a Coffee Shop”, non a caso, dice: “Sì, voglio una tazza di caffè, ma non voglio Ogm, voglio cominciare la mia giornata senza dare una mano alla Monsanto”, concludendosi poi con un “Let our farmers grow what they want to grow”,“lascia che i nostri contadini coltivino quello che vogliono…”. Il riferimento è alla storia di Michael White, agricoltore ottantenne che ha sostenuto (e vinto) una battaglia legale contro la Monsanto, che lo aveva accusato di aver utilizzato semi di soia geneticamente modificati di sua produzione, mentre l’agricoltore lo negava fermamente (la sua storia è raccontata anche nel libro “Seeds of reprisal: Monsanto vs Michael White”). White ha vinto la causa, sostenendo che la Monsanto inganna gli agricoltori, contaminando i loro campi con semi geneticamente modificati e poi facendo loro causa per utilizzo non autorizzato, per strozzarli economicamente e costringerli, di fatto, a utilizzare le proprie sementi, rendendoli così schiavi dei prodotti Ogm, di cui detiene il monopolio.
La campagna del cantautore canadese non è passata inosservata ai vertici delle aziende tirate in causa, al punto che la Monsanto si è presa la briga di rispondere in maniera ufficiale alle accuse, sostenendo che “il disco di Neil Young potrebbe non rispecchiare quello che facciamo con convinzione ogni giorno per contribuire a rendere l’agricoltura più sostenibile” (sic). “Ci rendiamo conto che c’è molta disinformazione su chi siamo e che cosa facciamo”, continua la traballante autodifesa dell’azienda chimica, “e purtroppo pare che molte di queste leggende metropolitane compaiano in queste canzoni”. Un po’ debole come autodifesa, per un’azienda tirata in ballo in maniera così pesante ed esplicita: evidentemente il colosso chimico ben conosce il potere di influenzare masse di persone in tutto il mondo da parte di un cantautore come Neil Young, e teme possibili reazioni a una politica troppo aggressiva di difesa del proprio operato.
Ora, però, come dicevamo in inizio di articolo, a dare manforte a Neil Young arriva anche un altro artista che ha un forte potere di influenza mediatica, soprattutto tra i più giovani: si tratta dello street artist Shepard Fairey, in arte Obey, già notissimo per avere sostenuto la campagna “Hope” del Presidente Obama. Che cos’ha fatto Fairey? Ha dato alle stampe un’edizione di una sua opera, in vendita a partire da martedì 28 luglio 2015 sul suo sito, nel quale si schiera con il cantautore canadese contro il colosso chimico, con un’immagine-shock: quella di un’arancia-bomba a mano, sotto cui compare, col classico stile dell’artista, la scritta “Orange Alert”, mentre in alto si legge “Fruits of Our Labor”, “Frutti del nostro lavoro”, e “A Gift from the New Gods”, “Un regalo dai nuovi Dèi”, e, più in basso, “Mother Nauture on the Run”, citazione diretta di una celebre strofa del cantautore canadese (“Look at Mother Nature on the run/In the nineteen seventies”).
“Pochi mesi fa”, racconta l’artista, “Neil Young mi ha invitato a verificare alcune delle sessioni di registrazione per il suo prossimo disco The Monsanto Years.Sono stato ispirato dalle musiche e dal coraggio di Neil nel denunciare l’arroganza aziendale di Monsanto come quella di altre aziende come Chevron, Starbucks, e altri. Neil mi ha chiesto se sarei stato disposto a creare un’opera ispirata ai temi trattati nel disco, così ho cominciato a ragionarci su”. Ed ecco come nasce l’idea grafica, col disegno di un’arancia-bomba a mano che campeggia al centro dell’opera, tesa da una mano verso lo spettatore, come fosse un frutto “buono” della terra. “Una delle cose che sapevo era che la Monsanto ha prodotto l’Agente Orange per il governo degli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam”, ha detto Shepard Fairey.” Questo mi ha dato l’idea di utilizzare il simbolo di un’arancia come bomba a mano, per simboleggiare un tipo di frutta pericolosa sia letteralmente che metaforicamente”.
Il riferimento è al famigerato Agent Orange (che prende il nome dalle strisce arancioni stampate sui contenitori dove era immagazzinato), una spaventosa miscela contenente arsenico e diossina, tra i più potenti e terribili diserbanti esistenti al mondo, utilizzato dalle truppe americane in Vietnam tra il 1961 e il 1971. L’esercito americano, infatti, irrorò le foreste del Vietnam del Sud con oltre 75 milioni di litri di Agent Orange, con danni incalcolabili sulla popolazione e sull’ambiente. In 10 anni di campagna e 20,000 raid aerei, si calcola infatti che ben 5 milioni di acri di foreste siano stati colpiti dal famigerato Agent Orange, con 500 mila acri di raccolto gravemente danneggiati o distrutti, 400 mila morti per intossicazione e 500 mila bambini nati con disabilità a causa delle intossicazioni subite. Un risultato sconvolgente, che pesa in primo luogo sulla coscienza dei governi americani che decisero, con criminale ferocia, di utilizzarlo in maniera indiscriminata sulle foreste vietnamite, consapevoli delle conseguenze che avrebbe provocato sulla popolazione inerme oltre che sull’ambiente; ma dal quale non si possono ritenere estranee neanche le aziende che lo producevano.
È proprio sull’associazione visiva con questo prodotto – una sorta di osceno simbolo della cattiva coscienza dell’America democratica e progressista – che Shepard Fairey ha deciso di puntare la sua campagna artistica a favore della battaglia anti-Ogm. “La stampa affronta anche l’industria delle armi e il potere che esercita. Il complesso militare industriale è così grande e potente che ha enorme influenza sui politici ed è finanziato da miliardi di dollari dei contribuenti. Sono questi i frutti dei nostri dollari e le industrie che vogliamo?”, chiede retoricamente l’artista, che anche in passato aveva lanciato delle campagne contro il costante aumento delle spese militari da parte del Governo degli Stati Uniti (“Imperial Glory” era il titolo di un’altra sua edizione limitata, raffigurante due mani che reggono altrettante granate presentate come ciliegie da staccare da un albero, sempre affiancata dallo slogan “Enjoy the Friuts of our Labor”, sotto a un più che mai esplicito “American Arms Ind”).
Una denuncia che non guarda in faccia nessuno, e che mira anche a farci capire che certe campagne ambientaliste e a favore di un’agricoltura biologica e naturale non sono solo sogni di ingenui utopisti fuori dal tempo, come vorrebbero spacciarle i cinici e interessati businessmendelle multinazionali, ma vere e proprie battaglie politiche, etiche, civili. “La Modificazione genetica, in sostanza, consente alle aziende di giocare a fare Dio con il cibo che mangiamo”, dice ancora Shepard Fairey, spiegando così il significato di quella frase sibillina inserita nell’opera, “A Gift from the New Gods”. “Le persone hanno il diritto di sapere da dove proviene il cibo che mangiano”. Parole sacrosante. Che sottoscriviamo e promuoviamo. Grazie Shepard. E grazie Neil. Chissà che la vostra battaglia non serva a incrinare almeno un po’ lo strapotere delle multinazionali del cibo transgenico, e quello dell’industria degli armamenti militari.