Sgarbi: “Ecco il mio Expo. Da Leonardo al contemporaneo”.

Vittorio Sgarbi, neoambasciatore per le belle arti dell’ Expo del 2015 per la Regione Lombardia, lancia il suo programma per Expo all’insegna della valorizzazione dei ”veri padiglioni” di cui Milano dispone: quelli di Leonardo, di Bramante, di Tiepolo, di Michelangelo. Con l’aggiunta dei Bronzi di Riace, dei quali Sgarbi ha chiesto, proprio stamattina, con una lettera congiunta al Ministro dei Beni culturali e al Premier Matteo Renzi, il trasferimento a Milano per tutta la durata dell’Expo.

La politica culturale che il critico ferrarese promuoverà e sponsorizzerà per Expo sarà dunque quella della valorizzazione dei capolavori esistenti nel centro storico del capoluogo lombardo, più che quella della creazione di nuovi carrozzoni ambulanti nel nulla della periferia cittadina. Attraverso una serie di padiglioni che servano da attrazione per i 20 milioni di visitatori previsti per la primavera del 2015. A questi, però, saranno affiancate anche una serie di iniziative dedicate all’arte contemporanea, con una sigla che le caratterizzerà e le promuoverà per il grande pubblico digiuno di contemporaneo.

Sgarbi, come sarà dunque il “tuo” Expo?

Sarà un Expo incentrato su Milano, sui suoi tesori già esistenti, più che sull’effimero di padiglioni svettanti in mezzo al nulla.

Un Expo controcorrente?

Il mio sarà un corpo a corpo, un braccio di ferro formidabile tra giganti della storia dell’arte come Leonardo, Bramante, Michelangelo, Antonello, Tiepolo, contro un Expo che rischia di esser fatto molto di superficie e di poca sostanza. In poche parole, metterò in competizione Milano, con la sua storia e i suoi capolavori, con l’Expo.

Cenacolo Vinciano

In che modo?

Creerò dei veri e propri padiglioni alternativi a quelli già in programma, tutti incentrati sui grandi capolavori della storia dell’arte di cui Milano è piena.

Quali saranno dunque i “padiglioni Sgarbi” dell’Expo?

Innanzitutto, a Santa Maria delle Grazie ci sarà il Padiglione Leonardo, con il Cenacolo: rispetto al quale, non potendo togliere i limiti sul “numero chiuso” di visitatori autorizzati alla visita (che sarà in ogni caso possibile aumentare dai 35 attuali fino a 40/50 alla volta, in modo da aumentare la possibilità a molte più persone di visitarlo, arrivando a raggiungere il milione di visitatori l’anno contro i 330 mila attuali), sarà però possibile allargare l’apertura fino alle 3 di notte.

Poi ci sarà il Padiglione Bramante, con un vero e proprio “percorso bramantesco” che avrà come centri nevralgici Santa Maria delle Grazie e Santa Maria presso San Satiro, la cui abside è l’emblema del più puro Rinascimento italiano. Quindi un Padiglione Michelangelo, con la Pietà Rondanini del Castello Sforzesco, e un Padiglione Tiepolo a Palazzo Litta, dove c’è un meraviglioso soffitto tiepolesco che oggi non è praticamente visitabile, e dove non va nessuno. Il mio obiettivo è di portarci decine di migliaia di visitatori.

Leonardo, Bramante, Michelangelo, Tiepolo. Che altro?

Non ultimo, potremo ospitare alcuni capolavori-simbolo di cui il nostro paese dispone, che attrarrebbero, da soli, centinaia di migliaia di visitatori. Penso ai Bronzi di Riace, che ingiustamente sono attribuiti solo ai tesori della Calabria, mentre invece sono un tesoro appartenente a tutta l’Italia, e come tali vanno valorizzati. Per questo io e Maroni abbiamo scritto [stamattina, ndr] una lettera al Ministro e a Renzi, per valutare l’opportunità di esporli a Milano, o nel Padiglione Italia o in un’altra sede milanese, come Palazzo Reale o Palazzo Bagatti Valsecchi. È un’opportunità storica per l’Italia, e solo l’ignoranza o la malafede possono impedirne l’attuabilità con finte questioni di sicurezza o di fragilità. Sculture che hanno resistito al mare per migliaia d’anni non possono certo correre chissà che rischi nell’esposizione a un evento di dimensioni mondiale come l’Expo.

Altri padiglioni?

Punteremo anche su Antonello, di cui ricomporremo, a Palazzo Bagatti Valsecchi, il trittico scoperto nei primi anni Ottanta da Federico Zeri e Carlo Volpe, e che oggi si trova smembrato, in parte a Milano e in parte agli Uffizi. Quindi Raffaello, il Caravaggio della Cena in Emmaus alla Pinacoteca di Brera… Milano saprà rispondere adeguatamente alla sfida dell’Expo solo se saprà tirar fuori e far valere la forza e la bellezza dei proprio tesori. Poi ci saranno anche i “padiglioni regionali” di Mantova, con Palazzo Te, di Varallo e dei sacri Monti, dei Vittoriale di D’Annunzio a Gardone Riviera… padiglioni non meno importanti, anche se non possiamo certo aspettarci grandi numeri di visitatori, come invece avverrà senz’altro a Milano.

E l’arte contemporanea? Avrà un ruolo nel “tuo” Expo?

Sì, vorrei portare l’arte contemporanea a pioggia in tutta la città, anche a dialogare con l’antico e con i capolavori già esistenti. Anzi, da buon comunicatore, vorrei inventare una vera e propria “griffe”, un marchio che contraddistingua i percorsi d’arte contemporanea suggeriti ai visitatori dell’Expo.

Un marchio? Di che tipo?

Semplice. Il più semplice possibile. Del tipo “Expo Contemporary Art”. Sarà una sorta di marchio di qualità, o di “bollino blu” per le opere che meritano di essere visitate dai 20 milioni di visitatori che si abbatteranno su Milano a partire dal prossimo maggio.

Un marchio targato Sgarbi?

Un marchio per la “buona arte” che si fa ancora oggi in Italia, da esporre a fianco dell’ottima arte che è stata fatta nei secoli passati.