Ozmo, un San Sebastiano per nulla scandaloso

di Alessandro Riva

Il S.Sebastiano di Ozmo su un muro di Racale.

Povero San Sebastiano. E poveri noi, ridotti a discutere di boxer griffati o non griffati sulle pudenda di un santo. Il pomo della discordia, che ha fatto salire alle cronache di tutto il mondo un ottimo artista, Ozmo, tra i primi e tra i migliori street artists italiani, ma anche uno dei pochi tra gli street artists a passare senza problemi dal mondo dell’arte alla strada, e viceversa, e poi di nuovo dall’arte alla strada (sembra uno scioglilingua, ma è proprio quello che ha fatto, e tutt’ora fa, Ozmo, all’anagrafe Gionata Gesi, in un continuo e generoso saltabeccare da un luogo all’altro, senza lasciarsi intrappolare in un unico ambito linguistico, proprio mentre molti altri suoi colleghi si sono magari fatti un nome sulla strada e sono poi approdati a vendere un po’ banalmente i quadri nelle gallerie, e alcuni, poveretti loro, son finiti persino nelle aste televisive), il pomo della discordia, dicevamo, è stato null’altro che un paio di mutande griffate (Dolce & Gabbana, ça va sans dire) fatte indossare a San Sebastiano su un muro in quel di Racale, in provincia di Lecce. Un dipinto di grande impatto visivo, eppure persino didascalico nel riferimento (del tutto evidente) alla sua fonte iconografica diretta, il San Sebastiano del Mantegna conservato al Louvre. Unica, piccola differenza, la presenza dei boxer al posto della consueta “mutanda” cinquecentesca.

Tutto qua? sì, tutto qua.

Andrea Mantegna, San Sebastiano, 1481 circa.
Andrea Mantegna, San Sebastiano, 1481 circa.

Risultato? Una levata di scudi nel paese, di cittadini “indignati”, “offesi nella loro fede”, semplicemente perché il Santo ostentava, appunto, mutande griffate, forse (anche) considerate allusive, cioè troppo sexy. Così, un’operazione che nel mondo dell’arte risulterebbe quasi scontata (la “modernizzazione” di un’icona sacra con abiti del tempo, che fin dal Rinascimento è pratica comune a tutti gli artisti) è diventato uno scandalo che ha avuto riscontri in tutto il mondo (se ne è parlato tra l’altro in Spagna, Ungheria, Venezuela, Messico).

L’autodifesa di Ozmo è stata ineccepibile: egli stesso sorpreso per lo scandalo, ha ricordato i suoi numerosi lavori di attualizzazione e di riutilizzo di icone e simboli tratti dall’iconografia classica e religiosa, ribadendo la sua “assoluta non volontà di mancare di rispetto” verso i fedeli, in un’opera “non concepita a fini religiosi e di venerazione”.

Forse si potrebbe ricordare anche che San Sebastiano è stato, e non da oggi, rappresentato ben più sensuale e “ammicante” di quanto non lo sia oggi quello mantegnesco di Ozmo: basti pensare a quelli del Perugino e del Sodoma, conturbanti nella gentilezza e femminilità del corpo del santo, o a quello di Guido Reni, per il quale Mishima scrisse che ispira sentimenti omofili; o ancora, basterebbe ricordare lo scandalo suscitato dalla rappresentazione (nel 1911, non nel 2014!), a Parigi, de Le Martyre de Saint Sébastien di D’Annunzio, musicato da Claude Debussy, interpretato da Ida Rubinstein che, seminuda, interpretava il Santo legata ad un albero, per il quale l’allora vescovo di Parigi invitò il pubblico al boicottaggio. E che dire, allora, dello scandaloso (questa volta, sul serio) Sebastiane in latino di Derek Jarman del 1963, tra zuffe di giovani lottatori nudi e amplessi alla luce del sole?

Pietro Perugino, San Sebastiano, 1495 circa.
Pietro Perugino, San Sebastiano, 1495 circa.

Di fronte alla storia (seppure recente) di un santo divenuto, notoriamente, “icona gay” per eccellenza, lo scandalo della odierna Racale appare fuori tempo massimo. Ora, è vero che oggi basta una paroletta gettata al momento giusto da un bempensante qualunque per far scoppiare la bagarre, e che di fronte alla parola “scandalo” anche la più irriverente modernità comincia, chissà perché, a fremere di eccitazione, ma qua viene davvero da chiedersi se abbia senso parlare di scandalo riguardo a questo dipinto, se messo a confronto con la deriva demenziale presa non solo e non tanto dall’arte contemporanea (che di “irriveverenze” e blasfemie ne ha viste di ben peggiori, dai Piss Christ alle Madonne realizzate con lo sterco di elefante o con in braccio Hitler bambino, e via provocando e profanando all’infinito), quanto dall’intera società cosiddetta “civile” e dai media: dalla volgarità diffusa ovunque, dallo sciocchezzaio continuo che ha contagiato fin le scuole, tra quiz cretini al posto dello studio della letteratura e dell’arte, fino alle banalità da talk show che ci vengono propinate a ogni ora del giorno dalle reti televisive e al trituramento di cervello dei mille videogiochi violenti oltre ogni immaginazione, sanguinosi ed esaltanti la violenza diffusa e senza senso, che ogni giorno tutti gli adolescenti del mondo occidentale praticano per ore e ore, senza che nessuno possa neppure più lontanamente, non dico scandalizzarsi, ma neanche stupirsene.

E allora, viene proprio da chiedersi: San Sebastiano in mutande. Ok, ma scusate: dove diavolo sarebbe lo scandalo?