Nuova statua a Bristol, per l’eroina del Black Lives Matter. Con buona pace dei fanatici del complotto iconoclasta…

E con questo, i teorici auto-ossessionati dalla presunta iconoclastia contemporanea (quale, non si sa, nella civiltà che più di tutte nella storia ha diffuso e diffonde miliardi e miliardi di immagini in ogni microsecondo di ogni singolo giorno dell’anno, da qualunque schermo e in qualunque spazio libero possibile della società), possono anche tacersi. No, non era un movimento “iconosclasta” (sic), quello del Black Lives Matter, solamente perché, su istanze tutte e strettamente politiche (il razzismo esiste ed è ancora vivo nella nostra opulenta e “democratica” società occidentale), ha buttato giù o imbrattato di vernice (sai che perdita!) qualche decina di brutte statue di vecchi colonialisti, eroi di guerre ingiuste e persino schiavisti e mercanti di schiavi riconosciuti e comprovati, ma celebrati ancora oggi come “eroi” grazie alla presenza di statue nel centro di molte città americane ed europee.

No, noi l’abbiamo detto subito, attirandoci gli strali dei soloni e degli auto-proclamatisi professoroni di estetica contemporanea, ossessionati dalle proprie personali battaglie ideologiche di retroguardia, che poco o nulla comprendono della complessità del presente e della storia, facendo di ogni erba rivoluzionaria un unico fascio iconoclasta: il dibattito, del tutto elitaristico e marginale, su iconoclastia o anti-iconoclastia, non c’entrava, e non c’entra, una cippa di niente. Il problema era sommamente e strettamente politico. Chi, poi, si affannava a sostenere che fosse tutto assimilabile al “moralismo di ritorno” e che buttando già le statue si pretendesse di “riscrivere la storia”, non faceva che agitare sciocche o furbe foglie di fico di fronte all’enormità di un problema reale – il razzismo ancora forte ed esistente, in Usa come in Europa, e spesso ben radicato, fatto gravissimo e vero cancro della democrazia, all’interno dei corpi di polizia dei vari stati –, problema che grazie a questo movimento sta finalmente venendo alla ribalta, portando a ristrutturazioni di corpi di polizia e a nuove norme introdotte a garanzia dei cittadini, neri o bianchi che siano.

Ora, un grande e celebrato artista inglese, Marc Quinn, con diversi collaboratori, ha risolto con un geniale coup de théâtre la vexata quaestio: sostituendo, illegalmente e senza permessi, la brutta statua di un noto politico e “filantropo”, che tuttavia era anche un noto mercante di schiavi (non si sa come si possa essere filantropi e schiavisti allo stesso tempo), Edward Colston, con quella di una manifestante del movimento, Jen Reid, originaria di Bristol, immortalata in una celebre fotografia mentre faceva il pugno chiuso sopra il basamento della medesima statua del “filantropo” Colston, dopo il decollamento della stessa. Niente iconoclastia, ma uno spostamento (giusto, doveroso, sensato, in linea con la sensibilità contemporanea e con i tempi che cambiano e che hanno bisogno di nuovi simboli, e non di conservatorismi d’accatto travestiti da sterili battaglie estetico-ideologiche) di parametri, di senso e di sensibilità.

Noi, che siamo stati fin da subito con il movimento Black Lives Matter e non con gli azzeccagarbugli dei distinguo e dei tanti ditini alzati (tutti o quasi di ultra-cinquantenni: se ci si prendesse la briga di andare a parlare con qualche adolescente o ventenne, si scoprirebbe che dell’iconoclastia se ne fottono la minchia, e che il razzismo invece fa loro orrore, dunque viva il Black Lives Matter, e si fottessero i soloni dei ditini alzati con la loro difesa delle statue), beh, noi sì, plaudiamo a questa nuova ricollocazione. Fatta coi crismi e con il linguaggio dell’arte contemporanea, quella vera e non quella farisaica dei distinguo e dei bla-bla-bla iconoclasti.

Di monumenti ai morti ce ne facciamo poco: lasciamoli nelle piazze, se i loro valori non fanno a pugni con quelli del presente, e se la qualità artistica delle loro forme vale lo spazio che occupano. Abbattiamoli, o spostiamoli nei musei (come in un museo, imbrattata e ricoperta di scritte, verrà ricollocata quella dello schiavista Colson), ma togliamocele dai maroni, cioè dalle piazze. Senza scandali e senza scomodare astruse teorie complottiste e pseudo-iconoclaste che hanno molto di quei discorsi da vecchie zie immerlettate, che di fronte alla complessità del presente si ritirano nei loro eremi solitari e solipsistici, senza nulla comprendere né del tempo che passa, né del senso e dei valori dei cambiamenti del presente, e, a conti fatti, neppure di quelli del passato.