“Lo spazio era sempre là, ma aveva cessato di predominare. La mente si interessava, soprattutto, non di misure e di collocazioni, ma di essere e di significato. E con l’indifferenza per lo spazio venne un’indifferenza ancora più completa per il tempo”. Così descrive Aldous Huxley la sua esperienza con la mescalina, nel suo celeberrimo “Le porte della percezione”. E proprio ad Huxley e alla sua descrizione del “mistero tremendo” dell’Essere e del divenire, oltre le mere apparenze dei fenomeni sensibili e naturali, è ispirato il ciclo di singolari mostre a cielo aperto, intitolate Mysterium Tremendum, ideate da Dario Arcidiacono, con la collaborazione di The Don Gallery, nel suo progetto di false-vere locandine cinematografiche “Cinema Inferno” a Milano, con nove artisti contemporanei, suoi complici e compagni di strada nel provare a definire, visivamente, l’immagine di quella labile eppure persistente “apparizione del dionisiaco”, nell’era del materialismo e del consumismo spettacolarizzato, di cui da sempre si trova traccia nell’arte, nella filosofia e nelle esperienze religiose e iniziatiche di ogni tempo.
Quel dionisiaco fatto di “orrore” ma anche di “delirio estatico”, così come lo rintracciò Nietzsche nella civiltà greca fin dalla “Nascita della tragedia”, e che solo abolendo non solo i tradizionali precetti di “bene” e di “male”, ma anche della coscienza storica, e del concetto stesso di flusso temporale, è possibile risvegliare, seppure fugacemente e labilmente, attraverso l’arte, le esperienze estatiche, la filosofia. E proprio al senso di un sentimento del sacro che precorre la religione come fatto storico, il sacro come sentimento di meraviglia, di debolezza, di impotenza e nullità di fronte all’infinità del tutto, come sentimento di stupore e trascendenza di fronte al mistero dell’unità del cosmo e della Natura, quel sacro (o numimosum) che trascende la razionalità, la scienza, la filosofia, che il filosofo Rudolf Otto definì appunto come mysterium tremendum et fascinans, è ispirato il progetto milanese: incentrato sul tentativo, da parte di nove artisti (oltre allo stesso Arcidiacono, Microbo & Bo, Felipe Cardeña, Dorian X, Dast, Anna Muzi, Giacomo Spazio, Stefano Zattera) di descrivere, in una sola immagine, sulla falsariga dell’elaborazione di un’immaginaria locandina cinematografica, la vita “quale dimensione possente e veridica, di fronte a cui l’esistenza quotidiana appare come una tediosa trafila di fatti insignificanti” (Elemire Zolla).
Una sfida che Dario Arcidiacono ha lanciato a otto suoi compagni di strada, i cui lavori si alterneranno, dall’inizio del 2015 fino a primavera, in via Paolo Sarpi, in piena Chinatown milanese, sulle insegne di un negozio chiuso da anni, al numero 27: come in un romanzo di Stephen King, infatti, dietro la saracinesca rigorosamente chiusa di un (apparentemente) anonimo negozio di una (apparentemente) normale via del centro di Milano, sembra d’un tratto celarsi un segreto – quello, appunto, del misteriosissimo “Cinema Inferno”: è il segreto di una diversa interpretazione del reale e del quotidiano, di un tentativo di lasciar da parte, per un momento, paure, problemi, dinamiche della vita quotidiana, per “sedersi alla soglia dell’attimo scordando l’intero passato, senza vertigini, né paure” (per dirla ancora con Nietzsche): per provare a far trasparire, dalla semplice immagine della locandina di un film immaginario – un film “che non vedrete mai, ma che state già vivendo”, prodotto da una fantomatica “Kykeion & Misteri Eleusini Cinematografica” (il criptico riferimento è al mitico Ciceone, la misteriosa bevanda, probabilmente psicotropa, assunta dagli antichi greci nel corso del Misteri Eleusini), con la collaborazione di altrettanto fantomatici Psiconauti Associati, e per la regia, ça va sans dire, di Aldous Huxley –, il senso della vita oltre il “velo di Maja” del reale quale siamo abituati a conoscere e a praticare, muovendosi lungo quella “frontiera cangiante tra mente e materia” cui l’arte (come a volte le sostanze psicotrope) riesce, nei suoi punti più alti, magicamente a condurre.
“Ciò che noi altri vediamo sotto l’influenza della mescalina”, scriveva ancora Huxley ne “Le porte della percezione”, “l’artista è congenitamente attrezzato a vedere sempre. La sua percezione non è limitata a ciò che è biologicamente o socialmente utile… è la conoscenza del significato intrinseco di ogni essere. Per l’artista come per il consumatore di mescalina”, continua Huxley, “i drappeggi sono geroglifici viventi che si ergono in maniera particolarmente espressiva per l’insondabile mistero del puro essere. Fissando le gonne di Giuditta, nel Più Grande Emporio del Mondo, appresi che Botticelli – e non solo Botticelli, ma anche molti altri – avevano guardato i drappeggi con gli stessi occhi trasfigurati e trasfiguranti dei miei… Essi avevano visto l’Istigkeit, il Tutto e l’Infinito nelle pieghe degli abiti e avevano fatto del loro meglio per renderlo in pittura o in pietra. Necessariamente, e fuor di dubbio, senza riuscirvi. Poiché la gloria e la meraviglia dell’esistenza pura appartengono a un altro ordine che anche l’arte più alta non ha il potere di esprimere”. A.R.
MYSTERIUM TREMENDUM | CINEMA INFERNO
gennaio – giugno 2015
Via Paolo Sarpi 27, Milano
evento promosso da:
The Don Gallery
Via Cola Montano 15
20159 Milano
cell. + 39 348 7020777