Luca Pignatelli, sulla carta danzano i sogni più segreti

di Michele Bonuomo

12 - Luca Pignatelli

Luca Pignatelli cammina sui fogli di carta lasciando le impronte dei suoi passi. Li esplora quasi fossero territori sconosciuti e li misura a grandi falcate segnando i confini di un’esperienza sempre nuova e misteriosa. Tra il senso della scoperta e quello della misura si muove la sua pratica del disegno: un fare segreto e inarrestabile che da sempre alimenta la sua disciplina d’arte. Su brandelli minimi di carta o su superfici di grandi dimensioni – caratterizzati da un’intrinseca qualità espressiva dovuta al fatto che spesso sono materiali “trovati” e non sempre destinati allo scopo – Pignatelli dà forma e ordine a un caos apparente, ma che già tutto contiene in sé: la memoria del passato, i segni del presente, le attese del futuro. Da un magma di materia ribollente estrae e solidifica visioni ogni volta sorprendenti e, quando serve, non gli manca certo il coraggio di distruggerle per edificare qualcos’altro dalle rovine. C’è un metodo preciso nella sua pratica del disegno allorché lo intende come una struttura aperta dentro cui un’idea diventa forma.


Luca Pignatelli, Arsenale, 2012, penna e tempera su carta, cm 24×34,7.

Ed ecco dunque che le riflessioni sul senso più profondo da attribuire al disegno, fatte da Alfred Kubin agli inizi del secolo passato, tornano attualissime per interpretare la disciplina che Pignatelli oggi s’impone: «Lo spirito e la volontà dell’artista», scrive il disegnatore di sogni, «eccitati da un misterioso fantasma non umano, costruiscono formalmente l’opera grafica in linee, macchie e punti, variando l’aspetto della visione. Allo stesso tempo, come minacciato dagli spettri, colui che crea guarda il vortice nel fiume del caos: pezzi di ricordi, sogni, maschere e mostri emergono in superficie per poi sprofondare di nuovo. Non si tratta di riprodurre una tale creazione nel tentativo di uguagliarla, perché sarebbe impossibile, ma di renderla astratta, di creare disegni che siano in grado di trasmettere diversamente le esperienze dell’anima di chi li guarda. Inventare forme e segni è, dunque, il compito principale della costruzione. Le due componenti di ritmo e costruzione si sposano in ogni disegno, si fondono totalmente e possono essere distinte e comprese solo con la mente. Esse si comportano tra loro come anima e spirito, come cuore e mente (…)».1

01 - Luca Pignatelli

Luca Pignatelli le carte le tocca, le incolla, le taglia, le stropiccia, le accartoccia, le stende, le segna, le colora, le annulla nel nero e le rende accoglienti attraverso una continua e mai soddisfatta manipolazione. Così facendo il suo disegnare si fa gesto ampio che dà corpo a visioni mai statiche o riducibili ad una sola definizione: mentre nella pratica della pittura un segno, un frammento o un’idea tendono a solidificarsi in una dimensione monumentale e perentoria, sulle carte gli stessi non pongono limiti alle loro mutazioni. Una sua carta non sarà mai (de)finita del tutto, perché è proprio il movimento continuo a farsi oggetto di un divenire che, attraverso le mani si agita, si altera, si dichiara o si nega. Quando si disegna tutto passa attraverso le mani, ed esse stesse sono pensiero e strumento dell’inesauribile metamorfosi che l’arte ha inseguito e assecondato fin dalle sue espressioni più remote. Non è un caso, infatti, che proprio le impronte delle mani – quelle tra le tante lasciate nelle caverne del Borneo, della Patagonia, della Francia o nella Grotta Pagliacci in Puglia – sono le rappresentazioni più antiche che conosciamo, forse le prime che certificano l’esistenza di un’umana volontà creatrice. È dunque la mano che identifica e definisce l’arte e il suo stesso farsi: «Attraverso le mani l’uomo entra in contatto con il pensiero; esse lo smuovono dal suo blocco, dandogli una forma, un contorno e uno stile nella scrittura (…) L’arte comincia con una trasmutazione per continuare in una metamorfosi. Essa non è il vocabolario dell’uomo che parla con Dio, ma il rinnovarsi perpetuo della Creazione. È invenzione di materie e allo stesso tempo di forme; è dotata di una fisica e di una mineralogia propria. Affonda le mani nelle viscere delle cose per imprimere loro le figure desiderate. L’arte è innanzitutto artigiano e alchimista… Nelle violenze e nelle astuzie dello spirito queste mani potenti precedono l’uomo stesso… Nella bottega dell’artista sono scritti ovunque i tentativi, gli esperimenti, le divinazioni della mano, le memorie secolari di una razza umana anche non ha dimenticato il privilegio della manipolazione»2.

Sulle carte di Luca Pignatelli danzano i suoi umori più segreti: quelli cioé fatti di fascinazioni senza tempo che ora si identificano con i canoni di una classicità remota, ora con gli squilibri formali di una contemporaneità aperta a continue ibridazioni. Sulle sue carte e nella più assoluta libertà tutto si addensa: silhoutte ritagliate dalla trama di un ricordo lontanissimo si sovrappongono a linee cadenzate che tracciano geometrie impreviste, figure che si materializzano all’improvviso, come in teatro delle ombre, e che scompaiono con la stessa velocità. Su uno stesso foglio Pignatelli insiste senza porre un freno ai suoi gesti, e se per accidente o per scelta avesse a disposizione un solo pezzo di carta continuerebbe a tormentarlo fino a raggiungere una condizione dell’animo che ha a che fare più con l’ossessione che con la perfezione. L’ossessione, si sa, appartiene all’arte e la rende umana, la perfezione appartiene a Dio e, per questo, è insopportabile. E chissà se alla fine non è proprio questa la strada verso la perfezione che vale ancora la pena intraprendere… Di certo è il cammino estremo e solitario che il superbo e pazzo Frenhofer, raccontato da Balzac, percorse nell’inseguire il suo capolavoro sconosciuto: per dieci anni, infatti, il vecchio maestro aveva lavorato nel più assoluto segreto al ritratto di una donna bellissima, sempre lo stesso, e quando finalmente si decise di mostrarlo, agli occhi dei suoi scettici allievi Porbus e Poussin apparve solo un groviglio di linee ammucchiate una sull’altra. All’azzeramento maniacale che Frenhofer aveva fatto della sua Belle Noiseuse era sfuggito soltanto «la punta di un piede nudo che fuoriusciva da quel caos di colori, toni, sfumature indecise, una sorta di nebbia senza forma: ma un piede delizioso, un piede vivo! Rimasero pietrificati d’ammirazione davanti a quel frammento scampato ad un’incredibile, ad una lenta e progressiva distruzione. Quel piede si mostrava là come il torso d’una Venere in marmo di Paro che sorgesse fra le rovine d’una città incendiata». 3

Nei segni e nei disegni di Pignatelli ci sarà sempre un frammento vitale e luminoso che, scampato anch’esso alla distruzione, sarà principio di un’altra ossessione. Una nuova, ancora.

1 Alfred Kubin, Disegnatore di sogni, Castelvecchi, 2013, pag. 46

2 Henri Focillon, Elogio della mano, Castelvecchi, 2014, pag. 17-27

3 Honoré de Balzac, Il capolavoro sconosciuto, Nino Aragno editore, 2012, pag. 118-119

 

Luca Pignatelli | Off Paper – opere su carta

M77 Gallery

30 maggio – 27 settembre 2014

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Inaugurazione giovedì 29 maggio, ore 19.00