Lady Churchill e il suo delitto

di Giorgio Soavi

Riprendiamo una delle storie più stravaganti del nostro tempo (e non poteva avere che protagonisti britannici), raccontata da un poeta altrettanto bizzarro.

da “Arte” – luglio-agosto 1984.

Il pittore inglese Graham Sutherland col suo ritratto di Winston Churchill, 1955.
Il pittore inglese Graham Sutherland col suo ritratto di Winston Churchill, 1955. Foto Baron/Getty Images.

Durante una passeggiata nei boschi di Cortina raccontavo come, essendo stato amico del pittore inglese Graham Sutherland, morto qualche mese fa, non potevo dimenticare la storia e il tragico finale del ritratto a lui fatto a Winston Churchill nel 1954. Con la mostre di Lady Clementine, vedova dello statista inglese, avvenuta nel dicembre del 1977, l’esecutore testamentario aveva finalmente rivelato che il ritratto ufficiale fatto al marito era stato da lei consegnato al giardiniere della loro residenza a Chartwell nel Kent perché gli desse fuoco, insieme ad altri rifiuti. Lady Clementine traslocava e, al momento di fare un trasloco, tutti cancelliamo qualche cosa che ci ricapita tra le mani. Ragione per cui lei disse al giardiniere: prenda anche questo e lo bruci insieme al resto.

L’amico Neri Pozza, al quale principalmente era diretto il mio discorso, motteggiò che, per quanto riguarda gli inglesi, il loro temperamento imperiale è spesso in stretta connivenza con qualche giardiniere; e valga per tutti L’amante di Lady Chatterley, o il film Il servo, un piccolo capolavoro interpretato da Dirk Bogarde. Ma bisogna distinguere, perché non tutti i giardinieri hanno le stesse origini contadine. E tu dovresti veramente indagare per sapere se questo giardiniere era, o no, di razza contadina. Ma seguita pure il tuo racconto, disse Neri. Anzi: per maggior chiarezza, incominciando dal principio.

Quando conobbi Graham Sutherland capii che avrei forse potuto scrivere qualcosa di lui: ebbi, come prima mia regola, quella di diventare suo amico. La seconda, che forse anticipa la prima, era quella di avere delle sue opere in casa, e questo, nel caso di Sutherland, l’avevo già fatto parecchi anni prima quando ero capitato in una galleria di Francoforte, quella di Hanna Becker Von Roth.

Sutherland era pittore di paesaggi, ma non semplici, e nei ritratti a persone o agli animali sapeva inserire la stessa inquisitoria ricerca che aveva il suo punto di arrivo nella definizione di un groviglio di cose immobili. Se guardiamo uno dei suoi ritratti, quello dello scrittore Somerset Maugham, o la serie di quelli, fatti vent’anni dopo, a Lord Goodman, ci accorgiamo che gli intrichi vegetali, da lui tanto sorvegliati, proseguono, con le loro complicatissime varianti, nel volto del personaggio da lui dipinto. Quindi: se una passeggiata pedagogica esisteva, questa partiva tranquillamente dalla boscaglia o da un pezzetto di radice per continuare sulle guance, sulle mani o tra i piedi di colui che aveva deciso di ritrarre.

Questo detto, un certo giorno del 1965 stavo nella sua casetta sopra Mentone e gli chiedevo, come avranno fatto in centomila, dov’era finito il ritratto di Churchill. “È scomparso, sparito in modo ufficiale. Non se ne sa niente, sparito. E questa è la versione ufficiale. Sarà in cantina”, continuò Sutherland, “insieme a tante altre cose”.

Il ritratto di Winston Churchill eseguito da Graham Sutherland finito al macero.“Ma lei aveva avuto un incarico preciso, vero?”. “Certamente. L’incarico mi era stato dato da una Commissione interparlamentare della quale Jennie Lee, ministro della cultura e moglie di Aneurin Bevan, era membro. Sia Baven sia sua moglie avevano lungamente parlato con me, prima che il mio incarico fosse ufficialmente approvato. Probabilmente Churchill sapeva che ero amico di Baven e siccome stava passando un momento politico particolarmente difficile, può aver pensato che l’incarico mi fosse stato deliberatamente dato dal Partito Socialista per fargli un ritratto che avrebbe potuto denigrarlo. Perciò era molto sospettoso su ciò che stavo per fare e credo che questo abbia molto colorito la situazione quando, alla fine, vide il quadro e, naturalmente, non gli piacque. Quella volta Somerset Maugham mi ha fatto veramente un favore perché era venuto a colazione nel tempo in cui stavo per terminare il ritratto, praticamente l’avevo finito, e chiese poi a Lady Clementine di venire a vederlo.

«Maugham disse: ”Graham, io accompagno Lady Clementine nel tuo studio e tu non devi salire. Se il ritratto le piace, se il ritratto ci piace, allora fischierò”. Io sentii il fischio e quando lei scese, aveva le lacrime agli occhi. Disse: “Non so ringraziarla abbastanza. Penso che sia un ritratto meraviglioso”. Mentre lei e Maugham lasciavano la mia casa nel Kent disse ancora: “Vorrei far vedere a Winnie una foto del quadro”. Io avevo una foto, per quanto il ritratto non fosse proprio finito. Così dissi: “Bene, se crede di portargli una fotografia, eccola, faccia pure”. Quella stessa sera, verso le nove, una grande auto nera, forse una Daimler, si fermò davanti alla nostra casa di Trottischliffe, ne scese uno chauffeur che mi porse una lettera. Era di Churchill. Più o meno diceva: “Mentre da un lato sarò sempre grato che il mio aspetto sia stato disegnato da lei, allo stesso tempo non credo che questo ritratto da lei dipinto (ma non lo aveva ancora visto) sia adatto come regalo per un ottantesimo compleanno. La cerimonia, d’altra parte, può sempre avere luogo, perché i miei amici in Parlamento hanno preparato un bellissimo album firmato da tutti, nel quale esprimono i loro auguri. Sinceramente suo, Winston Churchill”.

Io. Io corsi dall’avvocato che, tra l’altro era il presidente della Commissione interparlamentare. “E’ una cosa molto grave”, disse subito. “vado immediatamente a Chartwell”. Quello che ha fatto laggiù io non l’ho mai saputo. Ma mi ha telefonato una sera tardi e ha detto: “Dimentica quella lettera, non ci pensiamo più, abbiamo sistemato la cosa”. Ma ciò che accadde dopo non lo scoprii mai».

E adesso facciamo un salto e arriviamo a quello che è capitato nel gennaio 1979 quando, dopo la morte di Lady Clementine, fu ufficialmente rivelata la tragica fine di quel ritratto.

Graham Sutherland, Winston Churchill, matita e acquerello, 1954 cm 57x440. © National Portrait Gallery, London.
Graham Vivian Sutherland, Winston Churchill,
matita e acquerello, 1954
cm 57×440. © National Portrait Gallery, London.

A quel punto Neri e gli altri amici con i quali passeggiavo dissero: «Ti abbiamo chiesto di raccontare tutto per dirti, adesso, cosa pensiamo noi della faccenda. Il comportamento di Lady Clementine è terribile, se non delittuoso, e si può capire soltanto se lo si considera un atto d’amore, di fede. Immaginiamo che, nelle serate di questi anziani e celeberrimi coniugi Churchill, tra gli scricchiolii delle loro vecchie ossa e quelli, ancora più vecchi, dei parquet di quercia della villa di Chartwell, tra una boccata e l’altra del suo sigaro e le inevitabili domande che l’un l’altro si saranno fatti, Churchill abbia accusato delle fitte al fegato al pensiero di quel quadro. Dopotutto, Churchill era pittore dilettante e le sue preferenze andavano agli impressionisti, un genere di pittura che solleva l’umanità e il paesaggio dalla sofferenza di guardare attraverso. Ma in quelle serate di ossa scricchiolanti Lady Clementine doveva pur sentire qualche altro rantolo venire da poco lontano. Erano i gemiti e il sonno agitato di Graham Sutherland che non riusciva a trovare pace per l’affronto subito. Churchill stava zitto e dettava le sue memorie alla segretaria, nel solito modo, muovendo le labbra impercettibilmente anche per lasciare a Lady Clementine la possibilità che i propri pensieri seguissero un corso e una direzione forse comune. E in quella tenebra che li avvolgeva come un sudario, che giorno dopo giorno, cominciava a farsi sempre più stretto, l’eco di quelle deboli proteste che, da poco lontano, il pittore trasmetteva, la faceva riflettere sulla implacabile difficoltà di stare al mondo. Ma Lady Clementine così mentalmente gli rispondeva: “Disgraziato pittore che non sei altro, perché hai osato concepire quell’orribile ritratto? Winnie non è così come lo vedi tu. E perché non hai saputo, voluto, fargli nemmeno i piedi? Perché hai deciso che il suo ritratto finiva con quel taglio netto proprio verso la metà delle gambe? Che senso aveva per te, torturarlo così?”».

In effetti Sutherland lo aveva fatto senza i piedi. Ma Lady Clementine non capiva più niente. Era come se, nell’epoca dei ritratti a mezzo busto, alla gente venisse in mente di chiedersi dove fosse andata a finire l’altra metà del corpo. Così come in tutte le famiglie degli uomini politici di tutti i tempi, essi sapevano di aver appoggiato a un muro di una delle loro cantine un corpo estraneo, un cadavere, uno scheletro che, per quanto nascosto agli occhi di tutti, li rendeva nervosi ben più della presenza di una vanitas nella teca di un collezionista. Se per Sutherland l’assenza di quel quadro dal contesto generale delle sue opere lo tormentava, per i coniugi Churchill la presenza di quel quadro in cantina li rendeva complici nel delitto. Anche per questo le loro ossa scricchiolavano.

E adesso parlerò di quel quadro perché, quando la storia venne a galla, chi lo pubblicò, per intero e a colori, fu il settimanale italiano Epoca. Dunque: il ritratto è stupendo. È il ritratto non soltanto di quel grande combattente che fu Winston Churchill, ma di un’epoca. È anche e soprattutto, il contrario, l’esatto contrario della ritrattistica ufficiale, perché il personaggio non presenta guance lisce, ma come è un uomo di età adulta: è il ritratto di un vecchio mastino non levigato e quindi fuori da ogni genere di possibile conforto. Ma gli uomini sono così, diventano così. Cosa voleva Churchill? Essere bambino? Sorridere? Comunque, nel suo slancio di fedeltà e di amore Lady Clementine compie, come un qualunque personaggio da giallo o drammatico, un’operazione se volete anche superiore alle sue forze, ma comunque in linea con il suo posto e la sua posizione di sposa. Difende l’idea, cancella la verità. Ordina la distruzione del corpo del reato. Ma il punto non sta tanto in lei, che combatte la sua battaglia per distruggere le tracce di un vistoso incidente, quanto nel giardiniere. Chi è un giardiniere se non un contadino? Ora: i contadini non distruggono mai niente, nemmeno se il padrone glielo ordina. Fingono di ubbidire. E mi par di veder il giardiniere Ted Miles che si allontana dalla villa con il pesante e ingombrante oggetto verso il bosco della proprietà e si dirige imperterrito verso l’inceneritore. Ma non lo brucia. Due sono le versioni: non lo brucia perché è contadino e non accetta di distruggere; non lo brucia perché pensa che, tra qualche anno, quando Lady Clementine sarà morta anch’essa, lui potrà consegnare a un incaricato del governo il celebre quadro. Credo a questo punto perché quello che ha fatto, se lo ha fatto, è ben duro da mandar giù. Oggi più che mai. Il giardiniere non è un assassino, ma un colpevole, e pertanto non avrà una vita tranquilla. Non l’ho mai visto in faccia e, di tanto in tanto, prenderei il treno per andare a parlargli. Mi trattiene l’idea che abbia veramente bruciato il quadro.

(a cura di Micaela Bonetti)