La collana si chiama “I gialli di Milano”. Il protagonista è il commissario Amrbosio, creato nel 1976 da Renato Olivieri, uno dei primi, e più celebri, protagonisti letterari della nuova ondata giallistica italiana dopo quella dei “padri nobili” della detective-story italiana degli anni Trenta e Quaranta, come il Duca Lamberti di Scerbanenco e il commissario De Vincenzi di Augusto De Angelis. “La mia vicenda con il commissario Ambrosio”, ha raccontato Olivieri in un’intervista, “ebbe inizio nel gennaio del 1976, un martedì, giorno dell’Epifania. Allora era vice commissario, aveva meno di cinquant’anni, e mi pareva dovesse assomigliare all’attore Lino Ventura. Lo descrissi così. E così è rimasto”.

Da quel momento le avventure del commissario Ambrosio, tutte ambientate a Milano, hanno stregato intere generazioni di lettori e di appassionati, finendo anche, nel 1988, sul grande schermo, con la regia di Sergio Corbucci e il volto di Ugo Tognazzi. “Ricordo che quel giorno, quando cominciai a scrivere la prima frase del mio primo romanzo, c’era nebbia, era uno di quei crepuscoli gelidi che, a Milano, ti invogliano a restare in casa, a pochi passi dal calorifero…. La frase me l’ero segnata su un foglietto, la portavo in tasca, ogni tanto cambiavo una parola. Insomma mi sedetti al tavolo, avevo davanti una Olivetti Valentine rossa, e battei la prima riga: in effetti c’era qualcosa di strano nella morte della signora Kodra. Soddisfatto continuai, almeno un’ora tutte le sere. Nella primavera dell’anno successivo il libro era pronto. Ne ho scritti altri, oltre ad alcune decine di racconti”. Romanzi brevi, dalla trama tutto sommato semplice ma dall’impronta e dalle atmosfere inconfondibili, che hanno fatto guadagnare al commissario milanese il soprannome di “Maigret italiano”: dopo Il caso Kodra (1978), ne sono seguiti nimerosi altri: Maledetto Ferragosto, Dunque morranno, L’indagine interrotta, Villa Liberty, Largo Richini, La fine di Casanova…
Ora la Mondadori li ripubblica tutti in una nuova collana, intitolata appunto “I gialli di Milano”. Per illustrare le copertine della serie sono stati scelti i quadri del pittore che di un certo volto di Milano, tra atmosfere metafisiche e geometrico rigore razionalista, ha fatto una vera e propria cifra stilistica: Marco Petrus.

Buon lettore di gialli (ha sempre amato i romanzi di Simenon, e per un periodo ha anche avuto una predilezione per la Hard Boiled School di Hammett, Chandler & Co), Petrus ha sempre amato le storie di Olivieri, dice, per le loro atmosfere tipicamente milanesi: “Leggendole, ritrovavo le vie, i bar e le trattorie che ho bazzicato fin da quando ero ragazzo. Tra i giallisti italiani, rimane il mio autore preferito, a parte naturalmente Scerbanenco, per il quale ho sempre nutrito una vera e propria passione”.
E non è un caso, dopotutto, se l’atmosfera dei quadri di Petrus è in qualche modo simile a quella che si respira nei romanzi del commissario Amboriosio: “Sono cresciuto in zona Brera”, racconta il pittore, “e il Commissario Ambrosio abitava, come me, in Via Solferino e parcheggiava la macchina all’Autosilo San Marco, sui muretti del quale noi ragazzi ci davamo appuntamento, verso la fine degli anni settanta…”. D’altra parte, anche a Olivieri, papà del commissario Ambrosio, la pittura è sempre piaciuta molto: non a caso per diversi anni ha diretto, con successo, la più importante rivista d’arte italiana, “Arte Mondadori”. “Non so se abbia mai visto un mio quadro” dice Petrus. “Non ci siamo mai conosciuti, forse però ci siamo incontrati, chi lo sa?”. Ora, per lo meno sulla carta, i due si sono finalmente incontrati.