Keep Calm: l’arte è un gioco, e l’importante è divertirsi

Keep Calm e impara a capire l’arte (edizioni Newton Compton, euro 9,90, pagg. 290) è un manuale scritto da Alessandra Redaelli che insegna a guardare, interpretare e capire l’arte contemporanea. Abbiamo chiesto all’autrice di raccontarci com’è nato, com’è strutturato, di quali opere e autori tratta e perché.

di Alessandra Redaelli

Alessandra Redaelli

Keep Calm e impara a capire l’arteè nato come un gioco. E il tono del gioco è quello che ho voluto mantenere fino all’ultima riga. L’idea di dare una chiave (la parola “spiegazione” mi pare troppo pomposa) per interfacciarsi con l’arte contemporanea non è stata solo mia, ovviamente. Mi hanno preceduto altri addetti ai lavori molto autorevoli. Quello che io ho voluto metterci in più è quel tocco di leggerezza (a me piace chiamarlo “da Vispa Teresa”) che mi ha consentito di usare l’ironia e di dire e non dire allo stesso tempo.

Partendo dallo scollamento tra il grande pubblico e l’arte che anima le Biennali e i musei, e usando come esempio introduttivo il fulminante episodio Le vacanze intelligentifirmato da Alberto Sordi all’interno della pellicola Dove vai in vacanza?(1978), il libro è un viaggio per capitoli tematici che porta tra capolavori consacrati e opere un po’ meno conosciute alla ricerca di ciò che più lascia spiazzato il pubblico dei non addetti ai lavori. Ecco allora il celeberrimo taglio di Fontana, ma anche un ritratto virile di Robert Mapplethorpe con il sesso in bella evidenza; ecco gli alberi di Penone (visti oggi un po’ tristanzuoli, ma pietra miliare nella storia dell’Arte Povera) e i fulmini provocati da Walter De Maria nel suo The lighting fields; ecco la Abramovic che fissa muta lo spettatore ingobbendosi sempre di più su una scomodissima seggiolina e Robert Ryman che per tutta la vita ossessivamente, compulsivamente, dipinge quadri bianchi. Fino alle danze che non si possono filmare di Tino Sehgal, al fumo dei fuochi d’artificio di Cai Guo Quiang, al kolossal in cinque puntate (nemmeno in ordine) di Matthew Barney, alle burle milionarie di Cattelan, alla morte ronzante di Hirst e ai palloni gonfiati che hanno fatto di Koons il più quotato artista vivente.

Novanta opere che ho cercato di collocare proprio come se tirassi dei fili, delle coordinate, dando qualche notizia sui debiti che questi lavori hanno con il passato e su quanto devono al periodo – anzi, al preciso istante – nel quale sono nati. Con un po’ di serietà, qualche frecciatina agli artisti che si prendono troppo sul serio, qualche risata soffocata e anche un pizzico di mercato. In bilico tra confessione e scherzo. Del resto, come dice una mia amica gallerista molto in gamba e che tratta arte molto tradizionale: “È ovvio che opere come queste abbiano successo e risonanza: ne parlano tutti perché è troppo divertente parlarne”. Ecco, sì: è stato molto, molto divertente parlarne.

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