di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci
“Art is not a thing, it is a way”, sentenziava Elbert Hubbard: questo motto sembra racchiudere e sintetizzare il credo artistico e la carriera di John Lurie, personaggio eclettico, irriverente, instancabile e mai contento, artista “totale” e totalizzante, musicista, attore, pittore, personaggio a tutto tondo insomma, quello per cui si può provare una sana e come direbbe Dante “bonaria” invidia. Fondatore, assieme al fratello, del gruppo jazz “The Lounge Lizards”, per ottimi intenditori e affamati di musica, grazie al suo bel faccione espressivo ha recitato in ben 19 film, tra cui “Stranger than Paradise”, “Paris, Texas”, “Il piccolo diavolo”, “Cuore selvaggio” dell’altrettanto eclettico Lynch, e “New Rose Hotel” di Abel Ferrara.
Dal 2000, anno emblematico, si dedica alla pittura e inizia l’ascesa del suo pennello che lo porterà ad esporre in alcuni tra i più importanti musei e gallerie del mondo, tra cui la Anton Kern Gallery e il P.S.1. Contemporary Arts Center di New York, il Musee Des Beaux-Arts De Montreal, il Musee d’Art Moderne Grand-Duc Jean in Lussemburgo e il Watari Museum of Contemporary Art di Tokyo. Inoltre, sia il Wadsworth Atheneum Museum of Art che il Museum of Modern Art di New York, hanno acquistato alcuni suoi pezzi ora facenti parte delle rispettive collezioni permanenti.
Ma qual è la via dell’arte di John Lurie? La sua strada, apparentemente facile, rivela in realtà curve insidiose, ostacoli: nei suoi acquerelli la semplicità naïf cede man mano il posto al dischiudersi di dettagli tipicamente simbolisti, il tratto del disegno si presenta deciso ed incessante, in perfetto contrasto con le campiture piatte di colore sfumato sullo sfondo, come a fare da alone: un messaggio chiaro, quello dell’artista che non si accontenta, che stimola, scherza con il pubblico, mettendolo alla prova. I titoli stessi delle opere stuzzicano lo spettatore, suscitando le più disparate reazioni: si passa da “I try not to hate everything” (Provo a non odiare ogni cosa) a “This is the cutest pervert in the world” (Questo è il pervertito più adorabile del mondo), come da “Pig reject squalor” (Il maiale rifiuta lo squallore) alla commemorazione di un insegnante in “Teacher of the year.1974. Mr. Anthony Johnson. RIP”, (L’insegnante dell’anno. 1974. Mr. Anthony Johnson. RIP) fino ai più espliciti “The unreasonable bird of fuck” (L’irragionevole uccello del cazzo) e “This is your penis. There are your penises on drugs” (Questo è il tuo pene. Questi sono i vostri peni sotto l’effetto di droghe) e infine il vedo-non-vedo di “Censored by the artist” (Censurato dall’artista); queste solo alcune delle carte acquerellate in mostra, fino al 31 gennaio prossimo, per “Home is not a place. It is something else”, la sua prima personale assoluta in Italia, presso la M77 Gallery, divenuta ormai celebre e consolidata sponda tra l’Italia e l’arte d’oltreoceano.
“I play music, I paint. These things come from your depths” (Suono, dipingo. Queste cose vengono dalle nostre profondità), asserisce l’artista, con il chiaro intento di scavare dentro di sé, e nei fruitori della sua arte.
Il tema centrale delle opere, entropia nascosta nella poetica di Lurie, è sempre la scrittura: scrittura di parole e note in musica, ma anche cruciale ed emblematico pernio nei suoi acquerelli: come asserisce Michele Bonuomo, curatore della mostra, “John Lurie quando dipinge scrive, quando scrive dipinge. Le due pratiche, dipingere e scrivere, nel suo caso non sono separate, né tanto meno l’una ha il sopravvento sull’altra: il segno della scrittura (la parola) insieme alle forme dipinte è tema armonico di una stessa partitura espressiva.”
È quindi possibile intendere “la parola” di Lurie come il λόγος del più antico pensiero greco, incline a non distinguere l’aspetto verbale dall’aspetto razionale della verità, ed inteso da Eraclito come la ragione che determina il mondo e la legge in cui essa si esprime.
John Lurie | Home is not a place. It is something else
10 nov 2015 – 31 gen 2016
M77 Gallery
Via Mecenate 77, Milano
+ 02 84571243