È l’autore di ben quattro romanzi di successo, il primo dei quali, Educazione Siberiana, è stato un vero best seller, trasportato anche su grande schermo da Gabriele Salvatores. Personaggio eclettico, fuori dalle righe e fortemente originale, Nicolai Lilin è anche un provetto tatuatore – anche se lui rifiuta questo termine, poiché pratica l’arte del tatuaggio con un atteggiamento filosofico e quasi religioso: “sono spinto da una carica culturale che rispetto al mondo moderno è arcaica”, ha detto in un’intervista. “Lavoro con la stessa etica che si usava una volta. Io per esempio non ho dei cataloghi: da me non puoi venire e trovare un soggetto che ti piace. Lavoro usando le esperienze delle persone: loro vengono da me, si confessano, mi raccontano le loro storie personali e poi io trasformo questi racconti in immagini. In questo consiste la mia tradizione: trasformare le storie e le parole in simboli, che poi tatuo su queste persone. La gente non sa che cosa tatuerò su di loro. Per questa particolarità non posso essere denominato tatuatore”.

Per tutto questo, Nicolai Lilin si potrebbe, semmai, definire “artista” a tutto tondo: e col mondo dell’arte contemporanea ha incrociato, non a caso, più di una volta la sua strada. Amico e frequentatore di artisti e pittori, sia italiani che internazionali, per anni ha gestito uno spazio, a metà tra luogo di incontri culturali e galleria eclettica e trasversale, a Milano. Di recente, alcuni suoi disegni hanno fatto capolino, quasi in punta di piedi, in alcune mostre collettive, che non sono passati inosservati tra i suoi estimatori. A Torino, nella mostra “SKINcodes”, curata da Francesca Canfora e Daniele Ratti, che si è tenuta durante Paratissima, a fianco di artisti del calibro di Robert Gligorov, Shirin Neshat, Orlan, Andres Serrano e Joel-Peter Witkin; e a Milano, alla Galleria Bianca Maria Rizzi, nella mostra “Nero”, curata da Emanuele Beluffi.
Disegni che richiamavano molto da vicino l’estetica e il tratto tipico della più pura tradizione del tatuaggio, e che portano titoli misteriosi e arcaici, come Il sigillo dell’Illustrissimo Magistro della Lega dei Bugiardi, Il sigillo del Grande Bugiardo della Lega dei Bugiardi, Il sigillo del Cavaliere della Lega dei Bugiardi: ricchi di arcane simbologie e di strani simboli che paiono usciti da una saga fantasy, questi disegni si riallacciano alla storia di un’antichissima congrega, realmente esistita in Europa centrale fin dal 1600, chiamata appunto “Lega dei Bugiardi”, sotto la quale si nascondevano alcuni ebrei, ai quali erano stati concessi titoli nobiliari per meriti di guerra, i quali erano però costretti a celare le loro origini ebraiche per evitare di venire perseguitati.

Un progetto complesso e stratificato, che unisce storia, letteratura, antiche tradizioni popolari e arte. Un progetto, potremmo dire, in perfetto stile Lilin, del quale ci auguriamo di poter vedere presto gli sviluppi.