di Alessandro Riva
Che nei quadri di Enrico Lombardi si respiri un’aria fondamentalmente religiosa, o meta-religiosa, è fuor di dubbio. E lo conferma oggi, con una mostra intitolata, non a caso, “Esercizi spirituali”. Viene però da chiedersi di quale religiosità, e di quale mistero si facciano portatori.
Lombardi ha sempre lavorato solo e unicamente sul paesaggio, un paesaggio “ostile all’uomo, inabitabile”, che dell’uomo non conteneva più che una traccia remota, e nel quale si poteva anche intravedere il ricordo, fortemente trasfigurato, delle colline nel quale lui stesso era cresciuto, sugli ultimi Appennini romagnoli, a un passo dal confine toscano. “Luoghi della memoria”, li chiamava un tempo. E poi “luoghi postumi”, a indicare il loro carattere eterno, che appartenevano, secondo la definizione dell’artista, “alla sfera impenetrabile dell’enigma”. Da sempre, i riferimenti, mai pedissequi, erano quelli della pittura italiana tre e quattrocentesca: nascevano da lì le verticalità dal forte valore simbolico delle sue montagne, le volte acute e la regolarità ossessiva, mistica, dei suoi luoghi labirintici, i giochi geometrici di luci ed ombre e l’aria di mistero irrisolto, di trascendenza divina, dei suoi luoghi inabitati.

Oggi, i suoi paesaggi tendono sempre più all’astrazione geometrica. Le sue abitazioni solitarie, riprese sempre in penombra, quasi fossero addormentate in un’eterna notte del mondo e della natura, sono ridotte alla loro pura essenza nominale e oggettuale, solcate da ombre che non si sa da dove provengano né da quale luce siano provocate. I muri, i tetti, le case, i pochi, severi alberi che le solcano, appaiono affiancati gli uni sugli altri, senza iati, senza strade o piazze che li attraversino, senza prospettive, vie di fuga o geometrie toponomastiche se non quelle della propria essenza profonda di luoghi remoti, ancestrali, radicati dentro di noi prima ancora che nel mondo esteriore. Pure essenze dei luoghi che abbiamo visto e vissuto, senza più orpelli, né ornamenti.
Altre volte, sulla superficie della tela si aprono dei paesaggi aperti: degli impossibili arcipelaghi di isole perse nella loro eterna immobilità. Allora, dietro un gruppo di montagne silenziose e deserte, perdute in mezzo a specchi d’acqua che paiono non aver mai fine, e sulle quali spicca solo un solitario faro a rischiare debolmente l’orizzonte, s’intravede, in lontananza, un filo di luci, quasi impercettibili, come il ricordo di qualche vaga forma di vita che abbiamo conosciuto in chissà quale remotissimo passato.
Quello che emerge è un paesaggio inesistente, irrazionale, un’antinomia pittorica la cui mappa appare − volutamente − impossibile da tracciare, in perenne equilibrio tra raffigurazione e astrazione, tra razionalità del disegno e nonsense logico e visivo, tra vaga nostalgia del vissuto e perfetto rigore compositivo. Non sono più (solo) luoghi della memoria, dunque, ma veri e propri luoghi spirituali (esercizi spirituali), di una spiritualità remota e forse dimenticata, tracciati, come un esile racconto zen, sul filo dell’incongruenza e della rarefazione – al limite della sparizione – di ciò che è ancora rappresentabile, oggi nel mondo. “Al volto di Dio e dei Santi”, diceva l’artista qualche anno fa, “ho sostituito il senso di un mondo a cui è impossibile aderire. Il mondo come luogo di passaggio, di infinita nostalgia, come solitudine senza rimedio, come enigma perfetto”.

Enrico Lombardi | Esercizi spitiruali
1 – 23 marzo 2014
Pescherie della Rocca Estense
Piazza Garibaldi 1 / Largo Tricolore, Lugo (Ra).
Tel 0545 38561
http://www.museobaracca.it, serafinid@comune.lugo.ra.it
www.lombardienrico.it