Fulvio Di Piazza a Palermo tra natura e artificio

Fulvio Di Piazza è uno tra i maggiori rappresentanti del neobarocco contemporaneo. Nell’arte di questi anni, il barocco – passata la sbornia postmoderna che aveva caratterizzato il lavoro delle generazioni immediatamente precedenti – si è presentato sotto la forma di differenti sensibilità venate da caratteri comuni, sottilmente o platealmente praticate da artisti di diversa specie ed estrazione – così, ad esempio, si potrebbe far risalire a una forma di sensibilità neobarocca, o barocca contemporanea, sia il lavoro di un artista come Matthew Barney che, per altri versi, quello di Hanish Kapoor.

Fulvio Di Piazza, Smoky, 2014, olio su tela, cm 90x65.
Fulvio Di Piazza, Smoky, 2014, olio su tela, cm 90×65.

Il barocco contemporaneo si presenta sotto varie forme e nei più svariati linguaggi, ma, nello specifico della pittura, ha avuto uno sviluppo che solo in Italia conosce, in isolati e non sempre compresi percorsi artistici, quello che potremmo chiamare il suo vero splendore. Fulvio Di Piazza è, di questo tutt’altro che codificato per quanto diffuso sentimento, il rappresentante più eclatante e più originale. Nei suoi dipinti, infatti, Di Piazza ha scartato di lato rispetto a un’intera generazione – la sua, quella degli artisti nati in Italia intorno alla fine degli anni Sessanta, interessati per la maggior parte ad un approccio mediale e fotografico delle forme pittoriche -, per ritrovare una sorta di disarmonica unione di bizzarro e anacronistico impasto di sensibilità naturale e artificiale, di straripante, carnevalesca e ridondante umanità popolare e beffarda, di gergale vitalità pittorica che si esplica in un accumulo di elementi differenti e difformi, di animali inesistenti e buffoneschi, di paesaggi incantati e variopinti, di emozioni esasperate e contrastanti – in breve, proprio quell’atteggiamento di “esuberante sensualità, vibrante di vitalità non repressa, armonioso nonostante la sua reattività a ogni tipo di impressione ed emozione” di cui parlava Panofsky a proposito del barocco nei suoi bellissimi “Saggi sullo stile” (riconducibile anche, per citarne un altro passo significativo, a quell’idea tipicamente barocca “di raffinata ridondanza: un moto sfrenato, un’esuberante ricchezza di colori e composizione, effetti teatrali prodotti dal libero gioco di luci e ombre, un’indiscriminata commistione di materiali e tecniche”).

La pittura di Fulvio Di Piazza si caratterizza, fin da suo primissimo apparire, proprio per lo spiccato carattere di ricchezza compositiva e coloristica, dell’esuberanza, della teatralità e della ridondanza dei suoi fantastici e non di rado onirici paesaggi (giungle imoprobabili, irreali e avvolgenti, montagne di pesci, mari o case pullulanti di animali). Ma la straordinaria originalità della pittura di Di Piazza si rivela anche e soprattutto nella sua duplicità: oniricità, fantasticheria (o rêverie, secondo la definizione di Gaston Bachelard) e ridondanza visiva al limite del paradosso da un lato, e straordinaria veridicità della composizione e verosimiglianza della rappresentazione dall’altro.

Quella di Di Piazza è infatti una pittura insieme assolutamente fantastica e terribilmente ancorata al reale. Pensiamo ai suoi paesaggi assolati, alle sue città siciliane brulicanti di vita, ai suoi paesaggi notturni solcati da una luce metallica e minacciosa, ma anche ai suoi animali metà Walt Disney e metà fauna geneticamente modificata: non sono forse, tutti, paesaggi e animali possibili (anche se forse non probabili), perfettamente verosimili, malgrado un piccolo scarto, una piccola smagliatura nella visione che li trasforma improvvisamente in luoghi e personaggi del tutto fantastici e grotteschi? Quella di Di Piazza è infatti una pittura fatta di casuali disarmonie, di normali paradossi quotidiani, dove è sufficiente spostare un elemento del nostro paesaggio abituale per vedervi rispecchiata l’altra faccia del reale: il meccanismo utilizzato dall’artista è quello dell’artificio barocco, ma anche quello del miglior cinema horror, dove la sorpresa, la meraviglia deriva ed è provocata da un minimo scarto percettivo, da uno spostamento di significati, dalla semplice trasposizione di un elemento da un contesto ad un altro: spostamenti alle volte eclatanti (i pesci volanti ad esempio), altre volte quasi impercettibili, o perfettamente mimetizzati in una situazione solo apparentemente plausibile (gli uomini-cactus per fare un altro esempio) che ci permettono però di aprire una piccola e decisiva crepa nel reale, come quel famoso varco nello specchio di Alice, porta segreta verso il regno della fantasia.

Proprio in questa commistione di bizzarria e di realismo, di mostruosità e di precisione nei dettagli sta il segreto e la novità del suo lavoro, sempre in bilico sul sottile crinale che separa sogno e realtà, infernale devianza e disarmante normalità, horror e quotidinianità. Di Piazza ha così saputo coniugare la grande tradizione del barocco italiano con il filone della fantasy internazionale, e specificatamente americana; ha saputo mettere insieme Bernini e Stephen King, Bosch e Romero, Böcklin e Buñuel, in un mix inedito e strabordante, raffinato e divertentissimo che lo rende una della figure più interessanti dell’attuale panorama artistico italiano.

Alessandro Riva

Fulvio Di Piazza, Across the Universe, 2013, olio su tela, cm 200x400.
Fulvio Di Piazza, Across the Universe, 2013, olio su tela, cm 200×400.

Fulvio Di Piazza | L’isola nera

GAM Galleria d’Arte Moderna, Palermo

31 maggio – 1 settembre 2014

Via Sant’Anna 21

+ 39 091 8431605

servizimuseali@galleriadartemodernapalermo.it

www.galleriadartemodernapalermo.it