Ce lo siamo tolto dai piedi. Il mondo intero, fatta eccezione per le frange paranoiche e complottiste (purtroppo non più una sparuta minoranza in un pianeta sempre più intrappolato in un coacervo di ossessioni di massa, frustrazioni collettive, infelicità, disparità sociali, vita robotizzata, schizofrenia distopica, burocrazie robotizzate, ossessioni panoptico-tecnologiche), il mondo intero, dunque, tira un (temporaneo) sospiro di sollievo.
Il “pazzo col parrucchino” si è finalmente tolto dai piedi. Ha – perlomeno – levato le sue sporche manacce, come si direbbe in un b-movie americano, dai bottoni della valigetta nucleare, quella che potrebbe da un momento all’altro trasformare l’intero pianeta un cumulo di macerie radioattive.
Gli artisti, che al suo insediamento avevano fatto a gara per dipingerlo in maniera vuoi oscena, vuoi grottesca, vuoi drammatica, vuoi bestialmente ridicola, dopo lo shock iniziale sono rimasti, per quattro anni, se non muti, per lo più senza parole, quasi dimentichi dei modi e delle possibilità per contrastare una follia collettiva che per un qualche scherzo del destino sembrava aver preso le redini del destino e del potere, non solo di quella che viene definita “la più grande democrazia del mondo”, ma in qualche modo anche dell’intero pianeta. Con il grottesco e inusitato assalto a Capiton Hill del 6 gennaio 2021, capitanato da un idiota con in testa un berretto con le corna di bufalo e con la probabile complicità di funzionari e deputati fedifraghi e corrotti, l’era Trump si è chiusa, mostrando al mondo intero la sua faccia più becera, più idiota, più pericolosa, antidemocratica, buzzurra, fascista e violenta.
Oggi, anche gli artisti, come tutte le persone che hanno a cuore la speranza di poter vivere tra standard minimi di democrazia e di civiltà (tralasciando, ma solo per un istante, le disparità sociali sempre più avanzate, la povertà diffusa, i privilegi dei ricchi in ogni parte del mondo e le file di migranti che ogni giorno muoiono per le strade innevate o nei mari), anche gli artisti, dunque, possono tornare a respirare, e a lavorare sull’immaginario, sui simboli, sul sostrato culturale della società, e non solo sulla sua superficie immediata e visibile, ovvero su quella caricatura del Male cui sono stati costretti a ricorrere dalla tragica megalomania di un farabutto salito allo scranno più potente del pianeta, durante gli anni della Presidenza Trump. Ora ricominciamo pure a creare, a dipingere, a disegnare, a immaginare. A fare le pulci al potere, certo, ma anche a coltivare qualche grammo di speranza, di gioia, di felicità, di bellezza, e di possibilità, seppure vaga e lontana, di un qualche futuro migliore, chissà quando, in un giorno lontano lontano.